Anche quest’anno la visione dei film candidati agli Oscar è stata prolifera grazie al coprifuoco e alle restrizioni dettate da questa pandemia che stenta ad andare via. Prolifera è stata anche la produzione, nonostante il periodo poco florido per il campo cinematografico. Ciò che però non è stata altrettanto prolifera è la qualità dei film candidati: salvo rare eccezioni, le pellicole sono risultate blande e poco impattanti. Niente di eclatante, per intenderci, salvo qualche narrazione rivoluzionaria.
Ecco le mie brevi e personali impressioni sui film prescelti che sperano di accaparrarsi la famosa statuetta, in ordine sparso come sempre:
• MANK
Una storia autentica, forse più nell’immagine che nella narrazione, che come un film nel film racconta la storia biografica di uno sceneggiatore in cerca della giusta ispirazione. Il regista David Fincher ha atteso circa 30 anni per veder produrre questa pellicola, attesa dovuta non solo al suo essere per così dire particolare ma anche e soprattutto per quel suo essere girata in bianco e nero. La narrazione asincrona spesso confonde e disorienta piuttosto che generare attrazione. Lento ma non inesorabile, scorre sullo schermo a fatica, oscillando tra la meraviglia e il tedio. Disponibile su Netflix.
Candidature: Miglior Film, Miglior Attore Protagonista, Miglior Attrice Non Protagonista, Miglior Regista, Miglior Scenografia, Miglior Montaggio, Miglior Fotografia, Miglior Colonna Sonora, Miglior Sonoro, Miglior Trucco.

• NOMADLAND
La grande recessione americana ha ripercussioni negative sulla vita di molti, come su quella della protagonista di questo film, che perde non solo il lavoro ma anche il marito e la casa. Così tenta di arrangiarsi vivendo alla giornata spostandosi in van, un van che diviene la sua nuova casa durante quel tentativo di traversata americana. Pacato nei toni e nei colori, nella narrazione e nella intenzione, promette bene ma non decolla mai. Regia della giovanissima Chloè Zaho. Disponibile dal 30 aprile su Disney +.
Candidature: Miglior Film, Miglior Attrice Protagonista, Miglior Regista, Miglior Sceneggiatura Non Originale, Miglior Montaggio.

• MINARI
Le origini dei protagonisti sono coreane, ma questa volta dalla lotta di classe a Seul dello scorso anno, si passa all’ambito ed ardito sogno americano di una famiglia per bene. Anni ’80, una famiglia unita nonostante tutto, una casa non proprio definibile come una fissa dimora e un trasferimento dalla California all’Arkansas per tentare di sbarcare il lunario dedicandosi alla coltivazione di vegetali tipici coreani. Racconta un po’ la storia della famiglia del regista che convoglia in quella dei protagonisti. Emotivo nel suo lento divenire, intenso nel suo tranquillo scorrere, risulta forse un po’ fine a se stesso. Regia di Lee Isaac Chung, anch’esso di origini coreane del resto, e anche esso trapiantato in America.
Candidature: Miglior Film, Miglior Attore Protagonista, Miglior Attrice Non Protagonista, Miglior Regista, Miglior Scenografia, Miglior Sceneggiatura Originale, Miglior Colonna Sonora.

• SOUND OF METAL
Un musicista, una batteria, un gruppo musicale abbastanza in voga e un tour ben cadenzato da seguire interrotto da un accadimento alquanto improvviso che vede il protagonista, nonché batterista della band, diventare lentamente sordo. L’importanza della voce, del suono e dell’ascolto, spesso date per scontate e sottovalutate, sono qui rappresentate attraverso un girato dove il sonoro ricalca le stesse sfumature uditive ovattate percepite dal protagonista. Quel riprodurre non solo i toni ma anche le sensazioni che pervadono il batterista alla ricerca di una nuova direzione che gli permetta il giusto orientamento nella sua nuova vita sotto tono, tra amore e consapevolezza. Ovattato, come il sonoro, colpisce per la sua empatia uditiva niente male. Regia di Darius Marder. Disponibile su Amazon Prime.
Candidature: Miglior Film, Miglior Attore Protagonista, Miglior Attrice Non Protagonista, Miglior Sceneggiatura Originale, Miglior Montaggio, Miglior Sonoro.

• THE FATHER
Tratto dall’omonima piece teatrale, questo film racconta il rapporto tra un padre e una figlia intaccato dall’inesorabile decadimento non solo del corpo ma anche e soprattutto della mente. La narrativa depistante permette di immedesimarsi nel protagonista vittima di demenza senile. Confusionario, come la mente del protagonista. Fragile e doloroso, come il tempo che passa senza passare mai. Perché nulla è come sembra. Magistrale l’interpretazione di Anthony Hopkins. Regia dell’esordiente Florian Zeller.
Candidature: Miglior Film, Miglior Attore Protagonista, Miglior Attrice Non Protagonista, Miglior Montaggio, Miglior Scenografia, Miglior Sceneggiatura Non Originale.

• BETTER DAYS
Il cinema asiatico mi stuzzica da tempo, e quest’anno nella mia personalissima top list capeggia in prima linea questo film made in Hong Kong, dal sapore cinese ma dal riverbero internazionale. Tratto da un romanzo che ha spopolato in Cina, tratta il bullismo scolastico in cui si destreggiano gli adolescenti protagonisti. Nudo e crudo, emotivo e psicologico, coinvolge e convoglia verso il marasma di forti emozioni che intaccano i protagonisti. Fotografia degna di nota. Regia del giovane attore diventato regista Derek Tsang.
Candidature: Miglior Film in lingua straniera.

• IL PROCESSO AI CHICAGO 7
Tratto da una storia vera, verissima, narra un processo un po’ bizzarro ad una banda di attivisti americani che si ribellano alla guerra in Vietnam. Il film si svolge principalmente nell’aula di un tribunale americano, dove giudice e imputati si comportano in maniera quasi grottesca, salvo qualche incursione di manifestazioni e di manifestanti che mostrano una Chicago in subbuglio, tra agguerrite proteste e venature hippie. Interessante e talvolta divertente anche, grazie a quell’ironia che stempera gli accadimenti drammatici, non ha abbastanza verve per renderlo vincente, bravure degli attori a parte. Disponibile su Netflix.
Candidature: Miglior Film, Miglior Attore Non Protagonista, Miglior Montaggio, Miglior Fotografia, Miglior Sceneggiatura Originale, Miglior Canzone.

• JUDAS AND BLACK MESSIAH
Basato su eventi realmente accaduti, racconta le peripezie del movimento delle Pantere Nere e del suo leader, tra fiducia e pregiudizi, senza mai varcare la soglia della cultura afroamericana, senza mai andare oltre. Regia di Shaka King.
Candidature: Miglior Film, Miglior Attore Non Protagonista, Miglior Fotografia, Miglior Sceneggiatura Originale, Miglior Canzone.

• ONE NIGHT IN MIAMI
Ispirato a fatti realmente accaduti nella poi non così lontana America del Green book. Un lungo dialogo tra quattro amici d’autore lungo quanto può essere lunga una notte. Grintoso solo a parole e monotono nei fatti, ripercorre brani di storia Americana che ritorna, ahimè e ohimè, sempre attuale. Un film che cerca di dare la giusta importanza a degli accadimenti irruenti e brutali che sono sempre stati in sordina. Sullo sfondo galleggiano sempre il razzismo e le ingiustizie che ne conseguono, un po’ come in tanti degli altri film che hanno ricevuto le nominations e che anche quest’anno trattano questa tematica. Regia di Regina King.
Candidature: Miglior Attore Non Protagonista, Miglior Sceneggiatura Non Originale, Miglior Canzone.

• UNA DONNA PROMETTENTE
Altro tema scottante affrontato dai film prediletti di quest’anno è quello della violenza sulle donne, che poi rientra nel filone del razzismo inteso in senso lato. Una donna solitaria, burbera e vendicativa interpretata dalla bravissima e versatile Carey Mulligan. Un film tanto frizzante quando folle, con colori sgargianti e ambientazioni vivaci, con colonne sonore sarcastiche e costumi accattivanti. Regia di Emerald Fennel.
Candidature: Miglior Film, Miglior Attrice Protagonista, Miglior Regista, Miglior Montaggio, Miglior Sceneggiatura Originale.

• LA TIGRE BIANCA
E pare che anche quest’anno abbiamo un Parasite, però indiano e però meno bello del precedente, che parla sempre di lotte di classe, questa volta in India. Adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo, risulta molto interessante dal punto di vista culturale e incalza in un crescendo prima di povertà e poi di violenza, smorzate da taluni toni ironici che rendono il film tutto sommato piacevole ma non allettante. Regia di Ramin Bharani. Disponibile su Netflix.
Candidature: Miglior Sceneggiatura Non Originale.

• MA RAINEY’S BLACK BOTTOM
Una storia di musica, di colore, di resistenza e di persistenza. Perché il blues scalfisce e scolpisce gli Stati Uniti, permeando l’America di allora, il finire e frinire degli anni ‘20 per intenderci, così come quella di oggi. Magistrale l’interpretazione canora di Viola Davis. Regia di George C. Wolfe. Disponibile su Netflix.
Candidature: Miglior Attore Protagonista, Miglior Attrice Protagonista, Miglior Scenografia, Miglior Costumi, Miglior Trucco.

• PIECES OF WOMAN
Di questo film ho già quasi abbondantemente parlato qui, e come si evince da quanto ho già scritto, a me il film in sostanza è piaciuto e, beh, l’attrice protagonista forse questo Oscar se lo merita eccome. Disponibile su Netflix.
Candidature: Miglior Attrice Protagonista.

• ELEGIA AMERICANA
Anche di questo film ho già espresso il mio modesto e pungente parere qui, ma questo non mi ha convinta affatto, perdendosi nei meandri di una sceneggiatura troppo triste e troppo blando. Disponibile ovviamente su Netflix.
Candidature: Miglior Attrice Non Protagonista, Miglior Trucco e Parrucco.

• A LOVE SONG FOR LATASHA
Un breve cortometraggio che racconta una storia tragica e vera abbastanza recente, accaduta sempre in America e pervasa sempre da quell’odio razziale che tanto la caratterizza.Montaggio eccessivo ricco di effetti invasivi e un po’ naïf per non dire kitsch. Il girato, che ha a tratti interessanti spunti di regia e fotografia, ad un certo punto precipita nei meandri di una grafica sgargiante un po’ disturbante che rendono “sopratono” un corto decisamente sottotono. Regia Sophia Nahli Allison. Lo trovate su Netflix.
Candidature: Miglior Cortometraggio Documentario

• SE SUCCEDE QUALCOSA, VI VOGLIO BENE
Un cortometraggio silenzioso ma emotivo che prova a narrare un tentativo di sopravvivenza al dolore della perdita improvvisa di un figlio. Una coppia di coniugi, una scomparsa improvvisa, un tema scottante come quello del possesso delle armi da fuoco in America e una rappresentazione minimale, quasi schizzata e in bianco e nero, rendono il racconto per sole immagini breve ma intenso, succinto ma suggestivo. Regia di Will McCormack e Michael Govier. Lo trovate su Netflix.
Candidature: Miglior Cortometraggio Animato.

• MY OCTOPUS TEACHER
Anche noto come “Il mio amico in fondo al mare” è un documentario maturato in oltre 10 anni che racconta un’amicizia fuori dall’ordinario tra un sub appassionato ed avventuriero ed un polpo donna timido e discreto. Interessante dal punto di vista faunistico, esaspera forse in maniera eccessiva le emozioni. Il girato è stato lavorato in così tanto tempo anche per una questione di meticolosa post-produzione che all’occhio più attento salta subito all’occhio. Regia di Pippa Ehrlich e James Reed. Lo trovate su Netflix.
Candidature: Miglior Documentario.
