Mi sono sempre chiesta perché ci si scambiano gli auguri a Natale, i regali, i baci, gli abbracci. Le strette di mano, i sorrisi contriti, i panettoni farciti. I messaggi, i commenti, i biglietti. Mi sono sempre chiesta perché c’è chi ci crede e non festeggia e chi non ci crede eppure festeggia. Chi si lascia trasportare da quella ventata di armonia e chi si lascia sopraffare da una velata idiosincrasia. Chi professa che “a Natale siamo tutti più buoni”, chi agisce e chi, invece, sopisce. Chi fa le cose tanto per fare e chi invece le cose non le fa affatto. Chi sogna ad occhi aperti e chi non sogna neppure quando dorme. Mi sono sempre chiesta perché ci cimentiamo con impegno a strafare, ad elargire, a donare. Ad addobbare, a decorare, ad impacchettare. Mi sono sempre chiesta perché ci facciamo trasportare da questo turbinio di tradizioni, di canzoni natalizie, di film sdolcinati con alberi di Natale ovunque.
La risposta è che tutto questo ha quel non so che di magico a cui proprio non riusciamo a resistere. Perché è bello augurare, ben pensare, scrivere, regalare, elargire, addolcire, addobbare. Donare, rimpatriare, mangiare, riunirsi, abbracciarsi, baciarsi, stringersi. Perché è bello sentirsi parte di un tutto, conformarsi, lasciarsi coinvolgere. Perché si, infondo è delizioso far parte di questa cospirazione d’amore che, almeno per questo breve periodo dell’anno, prova ad abbracciare il mondo.
E quindi ‘sti cazzi del reflusso, del conto in banca che precipita vertiginosamente, del colesterolo alto, delle persone che non senti mai, dell’ago della bilancia che avanza, del bluffare quando si gioca a carte, del risparmio energetico, dei regali brutti, dello spreco, dei due baci sulla guancia di un parente troppo raffreddato, delle tante domande e delle poche risposte, dei troppi bicchieri di vino, dell’orgoglio, degli innumerevoli scorpacciate di dolci, di chi ti risponde “grazie” ma non “anche a te”, dei pantaloni sbottonati, dell’essenzialità, dei balconi malamente addobbati, dei canditi (che poi a me piacciono pure), delle bollicine che costano troppo, del sonno perso perché anche se sei stanco devi uscire a scambiarti gli auguri: per un giorno, per quel giorno, tutto è concesso. Perché si, ha ragione la Bauli quando dice che “A Natale puoi.”
Ed anche se “le lucette si accendono sempre prima, mentre le persone sono sempre più intermittenti”, tu, tu continua a brillare sempre.