Nel cuore piú grezzo dell’Abruzzo, nel bel mezzo di un Appennino cosí cruento da mozzare il fiato, tra pecore al pascolo, erbette commestibili e impervi ciuffi di neve perenne, trova luogo un ristorante raffinato che vanta la bellezza di ben 3 stelle Michelin e che compare nel bel mezzo della lista dei 50 migliori ristoranti al mondo. Ė il Ristorante Reale, collocato all’interno della piú ampia Tenuta Casadonna, una struttura ricettiva dal carattere elegante ed essenziale, ricavata in un antico monastero del ‘500, che brilla di luce propria nella campagna che circonda quel gioiellino di paese che é Castel di Sangro.
I padroni di casa sono il celeberrimo chef Niko Romito e sua sorella Cristiana, che con istruita passione e dedizione sono riusciti a tirare su un vero e proprio impero culinario che vanta una soave innovazione nel rispetto dei valori della tradizione, tra semplicità e complessità.
Semplicitá, spiccata educazione e un’egregia dose di umiltà, sono le principali caratteristiche di tutto lo staff che contribuiscono a rendere unico questo posto. Ma l’unicità è data soprattutto dallo chef Niko Romito, fautore di una cucina essenziale che valorizza l’essenza di ogni singolo ingrediente, esaltato senza ricorrere a fronzoli illusori. Audace importanza assume la consistenza degli ingredienti, a cui si deve quel valore aggiunto che enfatizza il gusto più estremo degli stessi.
Tutto questo prodigio avviene in un luogo immerso nella natura, dove il verde dell’intorno fa da contorno, penetrando visivamente all’interno degli ambienti del ristorante, grazie a grandi vetrate immersive, dislocate in maniera congeniale alla disposizione degli spazi, così allocate come da progetto dello studio di architettura Leonardo Project, fondato dall’architetto Leonardo De Carlo e con sede a Montesilvano, in provincia di Pescara. L’ambiente interno è un gradevole vacillare tra rustico ed elegante, tra antico e moderno, tra recupero e design di un certo livello. La sala è ampia ed i tavoli vasti e rotondi sono largamente distanziati tra loro, in modo da garantire un adeguato livello di privacy. Il servizio è attento ed educato, con un rigore quasi ossessivo-compulsivo che all’inizio forse vi farà sentire in imbarazzo, ma che verso la fine, quasi sicuramente, vi farà sentire dolcemente coccolati.
Veniamo al menù. Vasta la scelta del menu a là carte, con portate dal nome sintetico che oscillano tra i 20 e i 60 € cadauno. Se è la prima volta in questo posto, la scelta più saggia da fare è quella di optare per uno dei due menù degustazione proposti, che racchiudono i piatti più rappresentativi dello chef: Essenza a base di 7 portate (140 € + 70 € se si sceglie di abbinare vini al calice) o Ideale (190 € + 100 € se si sceglie di abbinare vini al calice) dove le portate sono ben 12 e l’escalation dei sapori ipnotizzerà il palato. I piatti che compongono i due menù degustazione, di cui sopra, variano in base alla stagionalità ed alla disposizione della materia prima, molta della quale è prodotta in loco.
Quando ho pranzato in questo ristorante (vi consiglio vivamente il pranzo per meglio godere della vista panoramica che lo accerchia), lo scorso gennaio, alla vigilia dell’Epifania, dopo aver prenotato con circa due settimane di anticipo, il menù degustazione Ideale da noi scelto consisteva in: un tenero calamaro arrosto con pompelmo rosa ed olive, dal gusto fresco e delicato; pane appena sfornato di una soffice consistenza e di una fragrante croccantezza inaudite; cardoncello, prezzemolo e pepe, dove la dolcezza insipida del fungo si adagia su un’intenso trito soffice di prezzemolo; pancetta e sedano rapa, che in un’incredibile inversione di ruoli vengono rispettivamente proposti soffice e croccante; assoluto di cipolle, parmigiano e zafferano tostato, ossia un estratto caldo e beverino di questi tre ingredienti; tortelli con pollo, asciutti e saporiti; foglie di rape e caprino, in un abbinamento saporito ed interessante ; ravioli di mandorla in brodo di bosco, dove il ripieno fatto da mandorle al 100%, che oscilla tra il dolce e l’amaro, viene stemperato con un brodo molto saporito, in un connubio dal gusto sublime; fettuccelle di semola con gamberi rossi e pepe rosa, in cui il condimento della pasta è ottenuto, con temeraria purezza, dal solo succo estratto dalla testa del gambero ; piccione fondente e pistacchio, il cavallo di battaglia dello chef, che consiste in un petto di piccione cotto nel brodo di un altro piccione, servito rosa e con accostato un ciuffetto di pesto di puro pistacchio, un piatto dal gusto intenso ed estremo; granita di liquirizia e aceto di vino, cioccolato bianco e aceto balsamico, dall’abbinamento azzardato che stupisce in positivo. Io ho chiesto di sostituire quest’ultimo con un dessert più discreto e lo chef ha scelto di servirmi, meringa, lampone e mou, un dolce docile e stupefacente.
Il prezzo sopra riportato è indicato a puro scopo orientativo, perchè se si sceglie di godersi un pranzo o una cena in un posto del genere, non bisogna badare a spese (portafoglio premettendo), dato che il pasto sarà un vero e proprio viaggio sensoriale nei meandri di un gusto impossibile che diventa possibile. Perchè il cibo è non solo gusto e tradizione, ma è anche studio, ricerca, innovazione, coraggio, estasi. Ed è la commistione di tutto ciò a far lievitare il conto.
Come ogni signor ristorante che si rispetti, viene servito un aperitivo di benvenuto composto da manicaretti, che elevano e levano il finger food, un pre-dessert come giusta transizione tra salato e dolce, che prepara il palato ad assaporare il dessert, e la piccola pasticceria, che accompagna il caffè e che attutisce la sapidità del conto.
Le porzioni sono sintetiche: a primo acchito potrebbero sembrare striminzite, ma sono semplicemente esatte. Nel piatto viene servita la giusta quantità, quella adeguata a far apprezzare una pietanza così composta, a celebrare i sapori, ad esaltare gli accostamenti, senza tedio alcuno e senza rubare troppo spazio allo stomaco, cosa che rischierebbe di compromettere la degustazione dei piatti successivi.
Ogni piatto rappresenta l’emancipazione della tradizione ed è il frutto di una caparbia ricerca che non si esaurisce con l’impiattamento, ma che continua in un costante divenire che trae ispirazione dal luogo stesso e dal mutuo scambio che avviene nella scuola di formazione annessa alla Tenuta.
Oltre alla bontà, ciò che rapisce è l’estrema bellezza di questi piatti, dove viene esaltato non solo il gusto più vero delle materie prime, ma anche il colore, sempre con quell’equilibrata eleganza che gli caratterizza. Il risultato è che al tavolo vengono serviti dei veri e propri capolavori per il palato e per la vista. E poi lo chef afferma che se non avesse fatto il cuoco, avrebbe fatto l’architetto. Come dargli torto.
Per conoscere meglio questo mondo, per sbirciare il menu e per prenotazioni: http://www.nikoromito.com/