#AGRIGENTO E DINTORNI: COSA VEDERE, FARE, ASSAGGIARE

Agrigento è la culla di una cultura antica e datata, è decoro e degrado, è intrigo e intrico. Una passeggiata nel suo cuore antico fa scoprire la bellezza decadente del centro storico che si fonda sul colle dei Grigenti. Tra le cose da vedere, passando per via Atenea e viale della Vittoria, ci sono sicuramente la Cattedrale di S. Gerlando, la via e chiesa di S. Maria dei Greci e, ciliegina sulla torta, l’Abbazia di S. Spirito, un complesso architettonico piccolo e suggestivo, con un bellissimo chiostro e con annesso un convento di suore laboriose che producono e vendono ottimi dolcetti fatti di pasta di mandorla e di pistacchio. Agrigento è di per se una città carina che vale una visita ma vive di riflesso del suo vero fiore all’occhiello che altro non è che la Valle dei Templi. Questo celeberrimo complesso archeologico risalente al 581 a. C. fa ancora scalpore nonostante la sua vecchia età. Tra le cose da fare non può che esserci una passeggiata archeologica in questo percorso tra la storia che passando tra resti di vari templi giunge sino al giardino della Kolymbetra, riportato in auge di recente grazie al FAI. La visita combinata al Parco Archeologica della Valle dei Templi con il giardino della Kolymbetra costa circa 17€ e conviene prenotarla online sul loro sito con ben qualche giorno di anticipo.

La colazione o la merenda tipica a base di brioche con gelato, magari quello al Pecorino [ fatto con latte di pecora ], è da assaggiare assolutamente alla gelateria Le Cuspidi. Il pranzo o la cena coi fiocchi è indubbiamente a Il Re dei Grigenti, un ristorante delizioso e raffinato con vista sulla deliziosa cornice della Valle dei Templi, che prepara estasianti piatti della tradizione rivisitati e che accoglie in un ambiente dal design intrigante.

Nei dintorni di Agrigento ci sono luoghi degni di nota. A pochi chilometri dalla città si trova quel lembo di costa noto come la Scala dei Turchi: un tratto di costa bianca, rialzata e scoscesa, ondulata e gradonata, che abbraccia una distesa di mare azzurro. Questa falesia lungo il litorale di Realmonte, nei pressi di Porto Empedocle, da luglio scorso, per motivi di sicurezza e di salvaguardia naturalistica, non è più accessibile al pubblico e non si può né percorrerla né sostarci. Non tocca che accontentarsi di ammirarla da vicino, di fotografarla, di elogiarla, senza tangerla.

Andando in direzione opposta si raggiunge invece la città di Favara, famosa per il Farm Cultural Park, un centro culturale indoor e outdoor nel cuore del centro storico. Io di Farm Cultural Park mi invaghii qualche anno fa quando, ad una conferenza di architetti e tra architetti, sentii parlare per la prima volta di questo progetto divertente e dinamico che provava a tirare su le sorti di un centro storico abbandonato e decadente nel cuore più vero e più crudo della Sicilia. Beh, ora che l’ho visto con i miei occhi direi che ci sono riusciti benissimo! Un museo a cielo aperto, e non solo, un incubatore culturale e un luogo iconico ed ironico che desta ammirazione. Una città nella città di cui, ca va sans dire, me ne sono innamorata perdutamente. Mostre, opere d’arte, street art qua e là e gente del posto che ha a cuore il progetto indaffarata ad esplicare ogni significato intrinseco. Un vero approdo felice per una mente artistica ed architettonica come la mia, nonché il motivo principale della mia visita in Sicilia insieme al Cretto di Burri [ sì, ero da tempo troppo curiosa di visitare questo sito per così dire artistico!!! ].

Un po’ più distante, spostandosi in provincia di Trapani verso la città di Gibellina, troviamo il famoso Cretto di Burri che altro non è che un luogo commemorativo, nonchè la più grande opera di land art al mondo, in memoria delle vittime del tragico terremoto del 1968, progettato da uno dei miei artisti preferiti di sempre, il grande Alberto Burri. Una colata di cemento bianco ricopre le macerie sparse sull’intero sedime su cui sorgeva la città di Gibellina vecchia, per sancirne la memoria. Un luogo ameno che pare senza tempo ma in grado di suscitare forte emozioni.

| Io farei così: compattiamo le macerie che tanto sono un problema per tutti, le armiamo per bene, e con il cemento facciamo un immenso cretto bianco, così che resti perenne ricordo di questo avvenimento. |

Raggiungere il Cretto non è poi così difficile come dicono: basta seguire le indicazione per Santa Ninfa e poi per il Cretto di Burri e, affidandosi un po’ a Google Maps e un po’ a Waze, non si può sbagliare. La strada è stretta, panoramica, naturalistica, deserta e un po’ dissestata, ma tutto sommato piacevole.

A pochi chilometri dal cretto sorge la città di Gibellina nuova, tra l’altro, che così come la vediamo oggi, è un palcoscenico che mette in scena l’architettura italiana prettamente novecentesca, in una sorta di laboratorio sperimentale in cui viene riedificata la città precedentemente distrutta con edifici ed opere progettate da architetti e artisti del calibro di Ludovico Quaroni, Franco Purini, Arnaldo Pomodoro e tanti altri. Spiccano la stella di ingresso al Belice di Pietro Consagra che fa da incipit e da accesso all’intera nuova edificazione, la chiesa madre postmoderna di Quaroni con la grande sfera bianca, il celebre sistema delle piazze, sino ad arrivare alla bellezza essenziale ed esistenziale dell’ultima arrivata, l’opera di street art in bianco e nero di Sten Lex.

Questa porzione di Sicilia è così incredibilmente variegata, differenziata ma ugualmente bella, anzi bedda come direbbero da queste parti.

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