“A me piace pensare che Craco ha rifiutato la modernità”. E in effetti la città di Craco, o per meglio dire quel che ne resta, è un labile pezzo di storia in rovina, antico, datato e per nulla ammodernato. Incastonata in un paesaggio grezzo, rurale e prettamente incontaminato nel cuore della Basilicata, fatto di radure verdi, di terra arsa e di calanchi incisi sui pendii scoscesi, sorge su un terreno per la maggior parte argilloso, ragion per cui buona parte del borgo antico, risalente all’epoca medioevale, è scivolosamente precipitato a seguito di una frana negli anni ‘60. Il centro storico fu così abbondato e lasciato sopraffare dal tempo che incalza mentre i suoi pochi abitanti si riversarono a valle nella frazione di Craco-Peschiera. Ma è proprio questo abbandono che l’ha resa una celebre città fantasma, che l’ha elevata a meta turistica di nicchia e che l’ha portata a essere scelta come sfondo scenografico di molti film [ vedi The Passion di Mel Gibson, Basilicata coast to coast di Rocco Papaleo, Ci vediamo domani con Enrico Brignano ].
Per raggiungere Craco bisogna armarsi di automobile o usufruire di un bus organizzato. Dopo una sfilza di curve impervie e panoramiche ecco che il rudere diffuso del borgo appare in tutto il suo fascinoso splendore decadente.
Per questioni di sicurezza l’accesso è consentito solo tramite una visita guidata, previo pagamento di un biglietto di ingresso del costo di 10€, muniti di elmetto e accompagnati da una guida locale pronta a narrare la storia del luogo e a rispondere alle più disparate domande durante l’avanzata in quello che viene chiamato Parco Museale Scenografico.
Il tour guidato ha la durata di circa 1 ora e tocca i punti salienti e panoramici dei resti del borgo antico medioevale come la Torre Normanna, la chiesa madre di San Nicola vescovo, facciate di palazzi notevoli. Se si vuole visitare anche il MEC | Museo Emozionale di Craco il costo complessivo del biglietto diventa 15€ e il tour dura circa 2 ore.La parte più alta è meglio tenuta in quanto sorge su di un terreno roccioso e non argilloso, e sfiora i 390 m s.l.m. Le abitazioni erano scavate nella roccia ed erano molto piccole, nonostante le famiglie di un tempo fossero numerose. Si narra infatti che i più piccoli dormissero in ceste appese al soffitto per non occupare la scarsa superficie utile calpestabile.
Delle antenne che rilevano ad intervalli regolari i movimenti del terreno argilloso sono installate all’ingresso del borgo e sono direttamente collegate con la stazione geofisica di Matera e l’istituto di vulcanologia di Roma.
Lo stato di abbandono in cui verte il luogo è anche dettato dal fatto che le proprietà non sono mai state effettivamente espropriate quindi non si è potuto usufruire di fondi pubblici statali o europei per rivitalizzante i resti. Ragion per cui, tra l’altro, un cittadino proprietario di uno dei tanti immobili interessati dal crollo e dal decadimento, sfrutta il rudere come stalla per una serie di asini, e non solo, che circolano liberamente nella città fantasma e che lasciano la loro scia di nome sterco.
Ma è proprio quel fascino indiscreto forgiato dalla desolazione del luogo ad estasiare i visitatori.