In tanti mi avevano parlato molto bene dell’Albania, di Tirana, così tanto da farmi venire voglia di farci una capatina. E dopo averci trascorso un weekend di fine estate mi duole ammettere che Tirana non mi ha entusiasmata affatto. Forse perché le mie aspettative erano alte. O forse perché non ha nulla di particolarmente sorprendente, di incredibilmente eclatante. È una città che sopisce ancora sotto una coltre di storia brutale trascorsa ma ancora tangibile, che va sotto il nome di dittatura comunista. È scialba e commistionata da edifici rigidi e ordinati che celano costruzioni degradate e trasandate. Sotto questo velo di statica sciattezza, di latente arretratezza, si nasconde un potenziale ancora poco esplicitato, fatto di una gran voglia di libertà, di tentavi di emancipazione che stentano a decollare.
L’aeroporto è piccolo e agevole e da qui il centro della città si raggiunge in circa 30 minuti tramite un bus/navetta che parte con cadenza regolare nei pressi dell’uscita. La moneta locale è il Lek (1€ = 125 Lek) e conviene prelevarne un bel po’ non appena si atterra perchè in molti posti non si ha la possibilità di pagare con il bancomat. Il costo della vita è molto più basso rispetto ai nostri standard. Gli alloggi hanno costi contenuti ma sono blandi e spesso trasandati, improvvisati, a meno che non si scelga di soggiornare in un hotel di alto livello.
La città appare subito ambigua. E’ vero che a pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina ma è anche vero che l’apparenza inganna: Tirana appare un po’ insicura, percorsa da gente dall’aspetto poco raccomandabile, puntellata da bambini che ti rincorrono per chiederti l’elemosina; ciononostante pare essere, per lo meno nel centro, una città tranquilla e abbastanza sicura.
La città ha dimensioni contenute, il centro ha un raggio ridotto, ragion per cui si presta ad essere visitata in un weekend. Se si vogliono approfondire i dintorni, come le zone un po’ più campestri, i castelli limitrofi o la costa che lambisce la vicina Durazzo, allora un weekend lungo sarebbe l’ideale. I viali di accesso alla città sono ampi e rigorosi, ordinati e scorrevoli, puntellati da una serie di semafori costituiti altresì da pali luminosi che si tingono di verde o di rosso a seconda del colore del semaforo (semplice e geniale). Il cuore del centro è ordinato, garbato; la sua circonferenza è scompigliata, ostile. Il fulcro della città è Piazza Scanderberg, dominata dalla scultura equestre che raffigura il generale Scanderberg a cavallo, appunto, eroe nazionale che ha opposto resistenza agli ottomani. Da poco ravvivata da un progetto architettonico che ha fatto dell’acqua la principale protagonista, con intagli e spruzzi di acqua qua e là, tale piazza ospita anche la Torre dell’Orologio, l’antica Moschea Et’Hem Bey (dei Conciatori), di epoca ottomana, il Teatro dell’Opera, il Museo Nazionale Archeologico. Alle sue spalle, ai piedi della torre contemporanea che ospita l’Hotel Plaza, un progetto attuale e raffinato fatto dallo studio belga H1N4E, si trova la Tomba di Kapllan Pasha, una piccola costruzione a pianta ottagonale, composta da colonne e archi, superstite di un complesso più grande distrutto durante la seconda guerra mondiale. La nota di contemporanea bellezza data dall’Hotel Plaza si ritrova, in maniera più semplice, nel Centro Commerciale Toptani.
Continuando ad esplorare il centro si trovano: il Bunk’art (1 e 2), un museo sotterraneo ricavato in un bunker di guerra che raccoglie le tristi memorie del periodo buio e bellicoso che ha intaccato la nazione; il Palazzo della Cultura, il Municipio di Tirana, con la sua elegante facciata ricoperta da una trama geometrica gialla e rossa, e i palazzi dei Ministeri; la Reja – The Cloud, un’installazione artistica e architettonica progettata da Sou Fujimoto, che altro non è che una labirintica struttura bianca dall’aspetto wireframe, con la quale è possibile interagire, percorrendola, attraversandola, scalandola; il Castello di Tirana, anche noto come Fortezza Giustiniana, racchiuso dalle alte mura bizantine costeggianti l’attuale via pedonale Murat Toptani, che ospita al suo interno le case ottomane della famiglia Toptani, rifunzionalizzate con spazi polifunzional; il Ponte dei Conciatori, fatto di archi e pietra e costruito nel XVIII secolo per collegare la città agli altopiani; la Grande Moschea, ampia, bianca e suadente; la Cattedrale Ortodossa della Risurrezione di Cristo e la Cattedrale cristiana di San Paolo; la Galleria Nazionale delle Arti.
Lungo il viale dei Martiri della Nazione (Boulevardi Deshmoret e Kombit) si trova, oltre al famoso Parco Rinia, polmone verde centrale della città con al centro la grande costruzione bianca del Kompleksi Taiwan adibito a bar e non solo, la Piramide di Hoxha, un tempo mausoleo di Enver Hoxha, simbolo del socialismo, e oggi ridotta a brandelli dal tempo, dal futuro che cerca di cancellare un passato che non vuole passare. Dinanzi ad essa ha luogo il monumento della Campana della Pace e il Postbllok – Check Point, memoria del regime dittatoriale. Il lungo e ampio viale termina in Piazza Nene Tereza, un tempo Piazza Littoria e oggi dedicata a Madre Teresa di Calcutta, la celebre missionaria albanese. La grande piazza è capeggiata dalla facciata piatta e regolare, di stampo fascista, dell’edificio che ospita l’Univesità, affiancato dal Museo Archeologico, dall’Accademia di Belle Arti e da un’attualissima architettura sui toni del rosso. Alle spalle si adagia il Grande Parco del Lago, un’oasi verde con un lago artificiale dove rilassarsi.
Da Piazza Nene Tereza ci si può immergere nel Quartiere Blloku, che un tempo era la zona dei privilegiati gerarchi durante il regime dittatoriale comunista e che oggi è divenuto la zona più hipster e vitale della città, almeno così dicono. Tra strade anonime e locali cool, ricavati nelle ex ville dei gerarchi, si notano note di colore date dalle venditrici di fiori agli angoli delle strade, dalle cassette delle elettricità poste sui marciapiedi ravvivate da opere di street art, da edifici di edilizia basica rivestiti da murales di qualità. Tra i vari locali all’avanguardia spicca per totalità Salt, il locale più figo e più in di Tirana, dove è possibile bere ottimi cocktail preparati da barman esperti e gustare allietanti piatti internazionali.
Come ogni capitale europea e non che si rispetti, anche Tirana ha il suo mercato cittadino alla moda: è il New Bazar (Pazari i ri), un luogo vitale e movimentato, divenuto oramai iconico dopo la riqualificazione che ne ha fatto un mercato in voga, che si sviluppa su di un’ampia piazza, coperta da una tettoia a falde irregolari vetrate che riflette i palazzi perimetrali, recentemente ravvivati da colorati murales frutto di opere di street art.
Oltre a Salt, dove poter mangiare e bere bene di tutto è di più, un ristorante altrettanto buono, ma profondamente tipico e casareccio è Oda, che serve piatti locali preparati come se fossero stati cucinati dalla nonna, a base di verdure, formaggi, carne e frattaglie, nel centro della città. Altro luogo gettonato per una cena tipica a base di abbondante carne è Tek Zgara Trones. Fuori dagli schemi e ad un livello superiore troviamo Millxhu, un ristorante che ben bilancia tradizione e innovazione in un luogo accogliente e confortevole. Alla colazione o alla pausa caffè ci pensa Mulliri VJeter, una caffetteria con vari sedi sparse nella città, che serve bibitoni a base di caffeina, e non solo, e dolci dal profumo internazionale.
Tirana è così: ha tanto da mostrare, molto da migliorare, (per ora) poco da far meravigliare.
( Per geolocalizzare i luoghi citati, come una buona parte di attrazioni e ristoranti, visita la pagina del blog MYMAPS )