• Io mi diverto ad avere trent’anni. Io me li bevo come un liquore i trent’anni. Non li appassisco in una precoce vecchiaia ciclostilata su carta carbone. Sono stupendi i trent’anni, ed anche i trentuno, i trentadue, i trentatré… Sono stupendi perché sono liberi, ribelli, fuorilegge, perchè è finita l’angoscia dell’attesa, non è incominciata la malinconia del declino, perché siamo lucidi, finalmente, a trent’anni!
Se siamo dubbiosi, siamo dubbiosi senza vergogna. E non temiamo le beffe dei ragazzi perché anche noi siamo giovani, non temiamo i rimproveri degli adulti perché anche noi siamo adulti.
Non temiamo il peccato perchè abbiamo capito che il peccato è un punto di vista. Non temiamo la disubbidienza perché abbiamo capito che la disubbidienza è nobile. Non temiamo la punizione perché abbiamo concluso che non c’è nulla di male ad amarci se ci incontriamo, ad abbandonarci se ci perdiamo. I conti non dobbiamo più farli con la maestra di scuola e non dobbiamo ancora farli col prete dell’olio santo. Li facciamo con noi stessi e basta, col nostro dolore da grandi.
Siamo un campo di grano maturo, a trent’anni, non più acerbi, e non ancora secchi: la linfa scorre in noi con la pressione giusta, gonfia di vita. E’ viva ogni nostra gioia. E’ viva ogni nostra pena. Si ride e si piange come non ci riuscirà mai più. Si pensa e si capisce come non ci riuscirà mai più.
Abbiamo raggiunto la cima della montagna e tutto è chiaro là in cima: la strada per cui siamo saliti, la strada per cui scenderemo. Un po’ ansimanti e tuttavia freschi, non succederà mai più di sederci nel mezzo a guardare indietro e avanti, a meditare sulla nostra fortuna.
Svegliatevi, dunque. Smettetela d’essere così razionali, ubbidienti, rugosi! Smettetela di perder capelli, di intristire nella vostra uguaglianza. Ridete, piangete, sbagliate. Prendetelo a pugni quel burocrate che guarda il cronometro. Ve lo dico con umiltà, con affetto. •
Tratto da “Se il sole muore” di Oriana Fallaci_